Se avete mai avuto la sensazione di fare attività SEO sul vostro sito e di non vedere i risultati di ciò che fate, e questo in maniera nemmeno vaga, potrebbe consolarvi una cosa: pensare che non siete i soli. Da quando mi occupo di questo mestiere, in effetti, ne ho viste e sentite tantissime (tutto ed il contrario di tutto, alla fine), ed il clima di incertezza che si respira in questo ambito, da almeno un anno o due, è semplicemente senza paragoni.
La SEO ha perso ancora parte della sua misurabilità. Le pagine dei risultati di Google sono diventate ancora meno indicative, in qualche modo, ed in un certo senso si finisce per navigare a vista in questo ambito. Questo non sarebbe nemmeno un problema se non fosse che, ad esempio, è un’idea complessa da far passare e senza far capire come funziona, è spesso improbabile che il proprio lavoro venga apprezzato.
In genere anche nella SEO (succede col mondo della sanità, del resto, figuriamoci con la SEO!) si nota un’aria post-moderna o di post verità, in cui la personalizzazione della strategia, decisa in sacrosanta autonomia da ogni consulente, ha finito per cedere il passo con una soggettivizzazione qualunquista e priva di anima.
Il problema è che il cliente spesso finisce per interpretare tale incertezza come autorizzazione a “dire la propria” più del dovuto e, alla lunga, a farsi la SEO da solo o a dire al consulente cosa fare, che è uno dei mantra dal 2020 in poi: chiunque dice la propria su tutto, ormai, sia egli un elettricista, un avvocato, un SEO o un ingegnere gestionale.
Non so se c’entri l’atmosfera post-pandemica che stiamo respirando, e sicuramente ha avuto una sua importanza (uno dei miei progetti web principali ha avuto un tracollo verticale a partire da marzo del 2020, e sembra stare recuperando quota solo adesso, da qualche giorno). Ad ogni modo la sensazione netta che mi trovo ad avere è legata al fatto che tutto questo, prima o poi, sarebbe successo lo stesso.
Siamo secondo me ad un punto in cui la SEO è diventata un’attività da effettuare un po’ più “a naso” ed in modo meno “manualistico” di quanto non avvenisse qualche anno fa. Nel frattempo, in effetti, Google invia segnali che sono molto poco chiari e probabilmente un po’ più “cumulativi”.
Per spiegare cosa intendo con “cumulativi” provo a fare un esempio: poniamo di cambiare in massa tutti i title di un sito, editandoli in modo più accurati e coerentemente con la/le search intent del caso. Ora, sia che sottoponiamo le pagine modificate a Google sia che semplicemente aspettiamo, non c’è un modo sicuro di misurare l’efficacia di quello che si sta facendo. L’unica è aspettare e verificare che le cose vadano meglio (o eventualmente peggio, se non siamo stati abbastanza accorti). Manca il real time con cui ti posizionavi, viene anche (forse definitivamente) meno il fatto che compri un backlink o due e sali “in conseguenza diretta” di averlo fatto.
Non ci aspettiamo più di vedere cambiamenti in SERP all’istante, quando fino a qualche anno fa era comune sottoporre una pagina a Google e, se eravamo riusciti a trovare la “quadra”, la vedevamo salire in tempo reale.
Ad oggi ci sono due ordini di problemi: il primo è legato al fatto che i segnali non sono più istantanei, vale poco o nulla il principio di causalità (la SEO non è più un “tuning” per settare il ranking), e i nostri segnali di strategia SEO tendono ad essere cumulativi, nel senso che Google ne registra più di uno e poi, in data imprecisata, valorizza (o meno) il fatto che hai lavorato bene. Lavorerà meglio, secondo me, in questa fase, chiunque abbia un minimo di formazione scientifico-tecnica sul funzionamento ad es. dei sistemi non lineari, e disponga della flessibilità (prima mentale che specialistica, in effetti) per affrontare il compito senza affidarsi a procedure passo-passo che ormai non servono quasi più a nessuno, se non incidentalmente.
Il secondo problema si lega ad un aspetto non deterministico che in Google e nelle attività SEO c’è sempre stato, ovvero il fatto che Google riduce la tempestività dell’efficacia di ciò che facciamo col sito per cercare di “farsi capire meno” (al fine di evitare manipolazioni, ovviamente), e questa è la sensazione netta che ha accompagnato i progetti che sto seguendo negli ultimi mesi. Anche qui la risolviamo con una maggiore flessibilità, che prima di tutto dovrebbe convincere i consulenti e poi, con qualche sforzo ulteriore, convincerà anche i nostri clienti.
La cosa ulteriormente spiazzante è che in questa fase Google potrebbe anche decidere, di punto in bianco, di valorizzare aspetti precedentemente trascurati del nostro sito senza che tu debba fare nulla di che, a conferma del fatto che attualmente ha una parte nel gioco molto più “prepotente” di quanto non avvenisse tempo fa. In un certo senso, quindi, è cambiato molto il ruolo del SEO, che è molto meno salvifico e ancor meno “miracoloso” di quanto non fosse già anni fa.
Lo scoraggiamento è tanto, ma si tratta di un cambio di paradigma che (almeno a mio modesto avviso) bisogna affrontare con maturità, e con cui non voglio certamente dire con questo che la SEO sia diventata inutile, piuttosto che il ruolo del SEO è più simile a quello di un “supervisore di qualità” che di un “manipolatore di SERP“. Mi fanno sempre sorridere gli smanettoni che chiedono suggerimenti “one shot” in chat o via email, ancora convinti (a torto, secondo me) che la SEO sia l’attività scalabile di un tempo quando, in realtà, è un mondo molto ma molto più complesso.
Di fatto la SEO è sempre meno misurabile, mentre i tool che usualmente utilizziamo tendono spesso più a confondere che a chiarire le idee (le varia DA e ZA sono segnali da prendere molto più con le pinze di qualche tempo fa, e in alcuni casi forniscono trend fuorvianti, specialmente se valutati con imperizia o peggio ancora nel breve o brevissimo periodo). L’aspetto interessante da considerare, in questa sede, è che la SEO a volte non basta a se stessa, per cui bisognerebbe sempre affiancarla con almeno un’altra strategia di riserva anche perchè, di fatto, nessuno ha mai avuto il coraggio di dire a certi proprietari di siti che la SEO non faceva esattamente per loro, senza nervosismi e senza degenerare nell’insulto.
Accettare che molte attività di local SEO abbiano poco senso se effettuate in termini di link building pura, ad esempio (soprattutto se costringono a scrivere articoli ridicoli del tipo “migliori trattori firenze centro“, che non puoi aspettarti che siano efficaci, chiaramente) è un passo fondamentale per capire quanta fuffa sia purtroppo stata venduta in questo settore negli ultimi anni. In questo, per quanto il mio ruolo sia sempre stato più tecnico che strategico, alla fine, gioca un ruolo fondamentale aprire gli occhi e, come dicevo prima, affrontare la questione con maggiore maturità.
Ormai in molti casi l’equilibrio di cui sopra salta, ed ognuno fa SEO senza nemmeno troppa raffinatezza di mezzi (e magari ottiene risultati, che poi… vai a capire cosa intendono per “risultati”, a volte), e c’è chi si smazza lavoro da anni senza vedere un briciolo di accenno di miglioramento. È deprimente, per molti versi, e butta molto discredito su una realtà che era molto più webmaster-friendly, quale Google LLC era fino a qualche tempo fa (adesso sembrerò il vecchietto nostalgico, magari, ma pazienza, in caso).
Sarebbe bello che Google rivedesse la propria idea in nome di una maggiore trasparenza (tipo quella di qualche anno fa, equilibrio quasi perfetto) ma, ovviamente, dubito che sarà il mio articolo a fargli cambiare idea.
Non voglio che tutto questo passi come una forma di rassegnazione, e preferisco non esplicare ulteriormente il mio reale stato d’animo su queste tematiche (perché ne verrebbe fuori un articolo fazioso, cosa che non voglio ottenere, perché non sono abituato a pubblicare sul web o sui social il mio stato d’animo reale, per una forma di personale riservatezza, credo), pero’ qualche considerazione in merito valeva la pena farla. Speriamo bene…