SEO B2B: che cos’è sul serio?

SEO per B2B fa pensare immediatamente alla SEO rivolta ad aziende che operano nel B2B: ma secondo me c’è un grosso fraintendimento alla base di qualsiasi discorso del genere. Il problema, infatti, è che fare SEO per il settore B2B rischia di avere una portata più limitata di quella B2C e, soprattutto, c’è un problema di search intent e di come identificarlo. Per intenderci: siamo davvero sicuri che i nostri potenziali partner B2B ci cerchino su Google? In alcuni casi la SEO si rivela uno strumento poco adatto, proprio perchè l’identificazione della search intent è troppo vaga o non concepibile, ed è più agevole identificare cosa cerchi un cliente (B2C, ad esempio “altoparlanti usati”) che non sapere “cosa cerchi” un altro che fa il tuo stesso business o qualcosa di affine a te (difficile immagine che si cerchino partner commerciali su Google, ad esempio). La definizione di SEO B2B è nebulosa, pertanto, e vale la pena spenderci qualche parola a riguardo.

Proviamo ad estendere un po’ il discorso, a questo punto. Quando si parla di B2B si intende Business-To-Business (si tratta si un acronimo), e per quello che concerne la parte SEO, si intendono le relazioni tra imprese e liberi professionisti che si occupano di SEO. Non servono altri giri di parole: il mio business, ad esempio, è prettamente orientato al SEO B2B: tipicamente offro i miei servizi ad altre realtà che si occupano di ottimizzazione per i motori di ricerca. A questo punto tanto vale approfondire la questione.

Esempi di SEO B2B

Se sei un’azienda che si occupa di link building o link earning, ad esempio, è plausibile che io possa aiutarti nel tuo lavoro. Idem se hai un programma di affiliate marketing e ti piacerebbe farmelo testare sui miei siti, ovviamente senza impegno e col beneficio del test. Se invece sei cliente che ha un sito (webmaster, imprenditori, proprietari di e-commerce) e non si occupa di SEO non rientreresti nella SEO B2B.

Sembra una questione futile ma in realtà non è così, ma l’ho anche scritto nella mia pagina contatti per provare a controllare il funnel di acquisizione contatti.

Cosa si intende per SEO B2B

Alla base di questa confusione sulla SEO Business-To-Business (identificata a tutti gli effetti come identica alla SEO B2C) ci sono vari aspetti mixati confusamente, e alla base di tutto c’è l’idea radicata che la SEO sia un lavoro importantissimo, che pero’ l’80% delle persone vorrebbe che gli si facesse gratis o molto low cost. Ne parlavo con un collega tempo fa, commentando con lui alcuni annunci su freelancer.com in cui – ad esempio – cercavano un SEO in grado di 1) fare una audit completa e 2) spiegare al cliente come farla (in modo da essere autonomi in futuro, evidentemente).

Budget in gioco: la cifra astronomica di “ben” 100€.

Ecco, sì.

Definizione SEO B2B

Torniamo seri, per un momento. In vena di definizioni:

Business-to-business, spesso indicato con l’acronimo B2B, in italiano commercio interaziendale, è una locuzione utilizzata per descrivere le transazioni commerciali tra imprese.

Estendendola alla SEO, è chiaro di cosa parliamo? Ora, senza essere per forza dottorandi in economia, è chiaro che una “transazione” comporta un acquisto di servizi e un vantaggio per chi vende (ed uno per chi compra). Altrimenti non sarebbe una transazione, diventa un “regalo“, e non è nemmeno economia.

La “vera” SEO B2B

Ho deciso di parlare di SEO a livello B2B, peraltro, perchè mi pare che ci sia un po’ di confusione in merito: il problema è quello di inquadrare correttamente l’ambito, ed evitare le situazioni in cui la consulenza viene intesa alla “di tutto un po’, senza capire dove si stia andando a parare e – cosa non da poco – senza un reale margine ROI (ritorno di investimento, oserei aggiungere). 

Chi parla di Business To Business, in effetti, raramente riesce a riconoscere ciò di cui ha davvero bisogno, e lo dimostrano le decine di mail che ricevo ogni settimana in cui:

  1. mi propongono di lavorare a commissione (verrei pagato solo se il cliente guadagna)
  2. situazioni tipicamente B2C col cliente che chiede consulenze come se chiedesse di comprare la verdura al supermercato, rigorosamente al kg e mi faccia un po’ di sconto, orsù (Business To Consumer, che è un po’ – purtroppo – la SEO classica con il consulente che si mette a disposizione del cliente, con il rischio che oggi gli chiedano la SEO, domani di fare pure “mpo’ de social” e dopodomani di rifargli il sito gratis)

Se la situazione 1 fa un po’ ridere, la seconda è in assoluto quella più comune che mi sia capitata, e si prefigura con una serie di bias o distorsioni cognitive della serie:

  • ti pago solo a risultato raggiunto (ebbè, secondo il cliente conviene così);
  • la formazione SEO è inclusa gratis nella consulenza (secondo il cliente, as usual);
  • vengo pagato da clienti che implorano il mio aiuto per risolvere un problema e poi, magicamente, vengo sminuito o ignorato dopo averlo risolto.

Il problema della SEO B2B che viene inquadrata in modo (dal mio punto di vista, ovviamente) non corretto è soprattutto questo, a ben vedere. Si pensa che la SEO B2B debba riguardare l’ottimizzazione dei title e gli header HTTPS ma è un errore grossolano (e a breve spiegherò meglio il motivo). È un argomento sul quale ho anche fatto un po’ di polemica in passato, e mi piacerebbe chiarirlo: il B2C è il rapporto secondo il quale c’è un cliente che acquista servizi, “se li fa piacere” dopo averli pagati, e se poi è insoddisfatto alla peggio… cambia consulente.

Il cliente medio – purtroppo – non ha gli strumenti per capire realmente la portata di certo lavoro SEO, che non è esattamente “a portata di click” e richiede conoscenze regresse di alto livello. In un mercato svalutato e ridotto all’osso (per non dire compromesso, o peggio) come quella della SEO di oggi, la maggioranza si barcamena tra due estremi quali:

  • società che millantano SEO e si fanno pagare fior di quattrini per fare qualcosa, non sappiamo bene cosa;
  • link builder che ti scrivono in inglese stentato e cercano di comprarsi spazi sui tuoi siti a poche decine di euro, una tantum e “con link dofollow“.

A questo punto non posso fare altro che constatare che la mia posizione lavorativa sia complessa da far capire. Non si può lavorare così, semplicemente.

Se preparo dei report in cui ti spiego come abbia ottimizzato il PageSpeed o come abbia ripulito la SERP di un sito da risultati inutili, e devo farlo per non dare l’idea di rientrare in uno degli estremi di cui sopra, regolarmente trovo deprimente sentirmi dire che pero’ il sito non converte (non è strettamente legato alla SEO tecnica di cui mi occupo) senza contare che, a momenti, la gente mi fa sentire in colpa per il lavoro che faccio.

E questo perchè? Perchè non riescono a capire Google, non capiscono molto di SEO e – purtroppo – non sono abbastanza umili da riconoscerlo. Non ci sarebbe nulla di male nell’ammetterlo e confererirebbe tanta serenità in più al rapporto lavorativo, ma tant’è.

SEO e psicologia, non “magia”

Credo ci sia di mezzo anche un aspetto psicologico che mi riguarda ed è noto come sindrome dell’impostore (e ci sarebbe di mezzo anche l’effetto Dunning-Kruger). Ciò riguarda (cito ancora, spudoratamente, da Wikipedia) il terrore persistente di essere esposti in quanto “presunti impostori”. È tipico di chiunque faccia lavori molto qualificati, per intenderci l’avvocato sul quale si scarica la colpa se il processo viene perso o il medico aggredito perchè la malattia ha avuto un esito imprevisto. Poi ovviamente si potrà anche dire che è un problema personale, ma io posso rispondere nella massima sincerità che sto lavorando da anni su questo aspetto. E, proprio per questo, ho pensato di chiarire cosa si intenda sul serio per SEO B2B. Speriamo bene, insomma.

l rapporto di tipo B2B è tipicamente più continuativo e solido di quello delle consulenze classiche, che sono spesso focalizzate sul fatto che ci sia una persona che stia cercando uno “bravo col computer“, e non un SEO specialist. Tant’è che in questo ambito ho sempre, nel 99% dei casi diciamo, trovato le consulenze migliori: società di web hosting con le quali ho fatto valere anche indirettamente le mie competenze in ambito server, web agency e società molto serie per cui ho fatto link building, persone che hanno capito che senza qualità  e competenze tecniche reali sul web avrai, a livello di mercato, le stesse probabilità di vincere una scommessa alla SNAI, liberi professionisti che hanno felicemente comprato servizi per promuoversi a loro volta (e che erano SEO anche essi).

Il motivo per cui amo il B2B è che dall’altra parte, quantomeno, c’è una persona che in media capisce quasi tutto quello che sto facendo, scansandomi così almeno in parte dal qualunquismo tipico delle consulenze B2C – e dal fatto di dover spiegare allo sfinimento cose elementari, a volte, con il rischio che la situazione degeneri nella circostanza che l’altra persona non capisca lo stesso, si sopravvaluti o si consideri tragicamente più di quanto vale sul proprio mercato.

E alla fine indovina di chi è la colpa del fatto che non si è posizionato bene su Google. Come direbbe mia mamma, a questo punto, “ci vuole tanta pazienza“.

Conclusioni

Lavorando con più web agency in questi anni, mi sono sempre accorto che c’è questo problema ricorrente, questo equivoco furbescamente scansato dai discorsi che si fanno (a volte ricorrendo a furbissime tecniche di PNL, per quel poco che ne so): ovvero il fatto che vedano la mia figura (che è quella di un ingegnere informatico in primis specializzato sul web, e poi un SEO specialist che è la figura forse più qualificata in assoluto in questo ambito) come una sorta di “uomo dei miracoli”. E a questo punto non posso che citare il mio caro collega dei tempi in cui lavoravo in ambiente accademico, che ironizzava sulla scarsa autocritica delle dirigenze medie e non faceva che ripetere:

“se le cose vanno bene il merito è di tutti, se le cose vanno male la colpa è di uno”.

Le magie SEO non esistono, e prima ce ne rendiamo conto, meglio è.