Penalizzazioni SEO per aver usato ChatGPT: se / quando succederà?

Prima o poi ce lo dovevamo chiedere, o meglio: qualcuno già se l’era chiesto. L’uso di ChatGPT per creare contenuti può essere una pratica utile (che in molti stanno mettendo in atto, probabilmente), ma sarebbe fondamentale farlo in modo etico, mantenendo sempre la qualità e la pertinenza dei contenuti. È importante rispettare le linee guida di Google e le best practice SEO per evitare penalizzazioni e migliorare il posizionamento nei risultati di ricerca.

Già a metà anni Cinquanta l’informatico Alan Turing si era accorto che un uomo non avrebbe potuto accorgersi facilmente se una chat fosse scritta da un bot o da un essere umano, proponendo il celebre Gioco dell’imitazione e formulando il test che porta il suo nome per verificarlo idealmente. Turing sostenne in altri termini che un uomo non potesse distinguere facilmente tra comunicazione-umana e comunicazione-bot. Del resto ChatGPT ha apertamente sviluppato e concretizzato la capacità di una macchina di simulare una conversazione umana, al punto da rendere difficile per un osservatore esterno distinguere se sta interagendo/leggendo un essere umano o una macchina. L’argomento rimane controverso e affascinante, tanto che OpenAI è stata nel dubbio per qualche mese: inizialmente aveva lanciato un tool ufficiale per rilevare se un testo fosse “naturale” (scritto da un uomo) oppure “artificiale” (scritto da un algoritmo di IA), poi l’ha dismesso perchè la sua accuratezza era troppo bassa. Nel frattempo ne sono usciti moltissimi, di AI Content Detector: ma per quello che si è visto non sembrano strumenti consoni ad un uso serio, sembrano sbagliarsi facilmente – e nulla vieta di pensare che rispondano a casaccio, in alcuni casi. Anche perchè, alla fine, ammesso (e non è scontato, ad oggi) ci siano la qualità, il rispetto dei diritti d’autore, dell’etica e delle leggi vigenti, il problema di come sia stato generato il testo diventa, se vogliamo, tanto relativo quanto ridimensionato.

L’uso di ChatGPT per scrivere contenuti per posizionare siti web, sia a livello supervisionato (con un esperto che verifica la correttezza/utilità di quanto generato) che non supervisionato (banale copia-incolla), può influenzare la SEO (Search Engine Optimization) in diversi modi. La penalizzazione da parte di Google è una possibile conseguenza qualora vengano violate le linee guida ormai ben note. ChatGPT sembra candidato ad essere un fattore penalizzante almeno quanto poteva esserlo scopiazzare o riutilizzare testi altrui senza permesso. Sta molto nella linea di confine, la risposta: e non mi sento ad oggi di dire

Partirei da alcune considerazioni importanti, a questo punto:

  1. Google assegna un alto valore alla qualità/utilità/pertinenza del contenuto: se i contenuti generati da ChatGPT sono scadenti in termini di grammatica, coerenza e utilità per gli utenti, ciò potrebbe influenzare negativamente il posizionamento nei risultati di ricerca. Cosa che avverrebbe comunque, anche senza ChatGPT.
  2. Google cerca di identificare e penalizzare i contenuti duplicati o troppo simili a quelli presenti altrove online, come al solito. Se si utilizza ChatGPT per copiare e incollare, è molto probabile che si ricevano penalizzazioni SEO. Chiaro che questo è un uso ingenuo e semplicistico dello strumento, a mio modo di vedere le cose. L’uso di ChatGPT in modalità supervisionata non dovrebbe, in teoria (e a mio modo di vedere), comportare rischi (tutto dipende da come facciamo la supervisione, naturalmente). ChatGPT può diventare un’opportunità interessante per chi vorrebbe produrre una grande quantità di contenuti e non riesce a gestirli mediante classica redazione. Del resto prima di oggi nessuno poteva permettersene una vera e propria, sul web (a parte i quotidiani, ovviamente), il tutto per ragioni economico-organizzative, e finora avevamo sempre “arrangiato” sotto questo aspetto. L’industrializzazione dei contenuti con ChatGPT è interessante ma, naturalmente, va capito come farla (ci ritorno tra un attimo).
  3. I contenuti generati da ChatGPT dovrebbero essere pertinenti al tema del sito web o della pagina su cui vengono pubblicati. La mancanza di pertinenza o coerenza può influire negativamente sulla SEO (ma anche qui, ricalchiamo cose già dette e ridette mille volte).
  4. e si utilizza ChatGPT per creare contenuti con lo scopo di generare link di ritorno o backlink, è importante farlo in modo etico e seguendo le linee guida di Google. Pratiche di link building non etiche possono portare a penalizzazioni, e anche qui nulla di nuovo.
  5. L’automazione e l’abuso di strumenti come ChatGPT per la creazione e la pubblicazione massiccia di contenuti possono essere considerati spam da parte di Google, che punisce le pratiche spam con penalizzazioni SEO. Qui c’è da dire che per esperienza personale, dopo aver provato a spammare pesantamente con alcuni siti test per molti mesi, mi pare che (anche qui, in “scienza e coscienza” e imho) sia molto, molto più probabile essere ignorati che penalizzati, nella SEO di oggi. Alla peggio, un sito popolato di contenuti fatti con ChatGPT
  6. Stesso discorso, infine, lato user experience (UX), che rimane un fattore importante per la SEO. Se i contenuti generati da ChatGPT non offrono un’esperienza positiva agli utenti, ad esempio a causa di errori grammaticali o di contenuti poco chiari, ciò potrebbe influenzare negativamente la tua SEO.

Detta fuori dai denti, ChatGPT e sistemi analoghi sul modello LLM sono un’opportunità straordinaria, perchè se utilizzati con saggezza permettono di entrare in concorrenza qualora nella nicchia di riferimento serva, ad esempio, produrre molti contenuti in poco tempo. La priorità non può nè deve essere per forza questa, intendiamoci, ma da quanto Aranzulla è diventato famoso sul web per il suo sito che spiega “come fare tutto”, bisognerebbe fare una riflessione seria sul fatto che la crescita di un sito, oggi, passa necessariamente per fornire qualcosa di utile agli utenti. Anche gratis, in prima istanza, e poi lasciare crescere ed evolvere la realtà come deve.

Sarebbe anche ora di smetterla di demonizzare strumenti come ChatGPT perchè non stravolgono le regole del copywriting se noi non glielo permettiamo, e se davvero qualcuno verrà a dirci che tanto c’è ChatGPT che scrive lui e fa tutto lui, vale la pena notare che:

se un cliente vi preferisce a ChatGPT e vi scarica come copy, non è detto che sia un male: probabilmente vi siete liberati di un cliente inaffidabile e che stimava poco il vostro lavoro. Se crede che siate così facilmente rimpiazzabili vi stimava poco, e tanto vale passare a fare altre attività e andare da chi apprezza ciò che fate.

se vi sentite minacciati dalla possibilità che un’IA possa soppiantare uno scrittore umano forse non dovreste perdere di vista l’aspetto tecnologico in sè, che è basato sull’evoluzione tecnologica senza contare che forse, ad un certo punto, anche lo scrittore più retrò potrebbe trarre idee, giovamento e assistenza da ChatGPT, invece di demonizzarlo. Scrivere non è semplice, scrivere in modo chiaro lo è anche meno, e difficilmente penso si possa rimpiazzare uno scrittore umano con un (sia pur evolutissimo) bot, a meno che lo scrittore non scriva proprio male-male.

certi discorsi che leggiamo in giro non hanno molto senso, francamente, e sembra quasi di risentire – per quello che vale – i discorsi di metà anni Novanta sui computer che “fanno tutto loro”, detto spesso da gente che manco sapeva accenderne uno.

La mia idea rimane quella che ho sempre esposto sui miei libri e negli articoli a tema che ho prodotto: arrivare ad un punto in cui ChatGPT e annessi siano considerati alla stregua di Photoshop. Con il quale tante cose pessime si sono prodotte in passato, per intenderci, ma a nessuno è venuto in mente di limitarne l’uso o proporre astratti “comitati” per stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato realizzare.