Come creare buone landing page

La creazione di buone landing page (pagine di “atterraggio”) è fondamentale per ottimizzare (e in alcuni casi rendere automatico, per certi periodi) l’acquisizione di clienti / contatti (lead) o le vendite di un prodotto o servizio sul web (conversioni): ma cosa sono le landing page, e come si possono creare al meglio?

Cos’è una landing page

Nell’ambito del marketing online le landing page, note anche come lead capture page, destination page, static page o anche lander, non sono altro che pagine web ottimizzate (secondo vari criteri) che tipicamente appaiono in seguito al click di un cliente su un banner o sul link di una campagna pubblicitaria. Da questo punto di vista, ed è fondamentale capirlo fin da subito, le landing page sono strettamente collegate come contesto alla pagina web della campagna di provenienza: questo significa che, ad esempio, una landing page efficace che vende prodotti di bellezza sarà linkata più efficacemente da un blog a tema fitness o cosmetici, ad esempio, piuttosto che da uno a tema tecnologico o autoricambi. Inoltre, le landing page possiedono una struttura prefissata – in cui ad es. i titoli sono fortemente enfatizzati, e nella quale è presente una discreta quantità di testo e, tra l’altro, per cui sono solitamente rispettate alcune regole basilari.

In genere ci sono due tipi fondamentali di landing page: quelle di tipo reference (di riferimento) forniscono informazioni utili all’utente su un prodotto o servizio, e che possono contenere link, testo, immagini, video ed elementi interattivi (ad esempio form di iscrizione). Le landing page di tipo transactional (transazionali), invece, tendono ad enfatizzare l’aspetto legato alla conversione, ovvero sono pensate per valorizzare il tasso di conversione della pagina stessa: in breve, sono pagine pensate per la vendita diretta, senza alcun contenuto informazionale. La differenza tra le due è chiara: la prima serve a raccogliere visite da visitatori interessati ed è ideale da essere indicizzata ed ottimizzata per Google, la seconda raccoglie e canalizza visitatori che già sanno, in media, ciò che vogliono comprare.

Abbiamo quindi imparato tre cose basilari sulle landing page:

  • devono essere strettamente a tema (non devono trattare mille argomenti, al massimo uno);
  • possono essere ottimizzate per una o più keyword lato SEO (landing di tipo reference);
  • vanno fortemente focalizzate per rendere la action finale (ad esempio il click su Acquista) facile e intuitiva per il target di riferimento (landing di tipo transactional), di solito non indicizzate sui motori di ricerca.

Le landing page sono tipicamente molto efficaci, se non per aumentare le vendite, almeno per incrementare i lead (ovvero le iscrizioni ad un servizio a pagamento).

Come si misura l’efficacia di una landing page: tasso di click e tasso di conversione

Ci sono almeno due modi per farlo: il primo è considerare il tasso di click della pagina (esempio: quante persone cliccano e visualizzano la landing page), il secondo è valutare quanti clienti o lead sono prodotti dalla pagina stessa rispetto al numero totale di visualizzazioni (ad esempio su 100 visualizzazioni la pagina produce 7 vendite). In base ai contesti, è possibile definire:

  1. CTR (Click Through Rate): tasso di click sulla landing page, più è alto meglio è, si esprime in percentuale (rapporto tra numero di visualizzazioni del banner di origine e numero di click prodotti da quelle visualizzazioni)
  2. Tasso di conversione (conversion rate): percentuale che indica quanto converte la landing, cioè quanti dei click sul bottone “Iscriviti” o “Acquista” finiscano effettivamente per produrre qualcosa di utile (l’iscrizione di un nuovo cliente al servizio, o un acquisto da parte sua)

Formato tipico di una landing page

Le migliori landing page contengono un testo essenziale, chiaro e semplice da leggere; non è detto che si debba scrivere in linguaggio forbito in ogni caso, ma molto dipende dal target di riferimento. In genere le buone landing page contengono headline efficaci (quindi titoli e sottotitoli) che siano chiari, concisi e se possibile orientati all’azione. Lo scopo dei paragrafi è quello di illustrare il prodotto o servizio, e cercare di vincere (se possibile) le resistenze del lettore che potrebbe abbandonare la pagina prima di cliccare o iscriversi o peggio ancora comprare. In questo, le tecniche della UX (User eXperience) vengono a darci una grossa mano.

Alcuni layout classici di landing page sono i seguenti.

Regole UX per fare buone landing page

La UX insegna a trarre vantaggio dall’esperienza finale dell’utente, che deve essere finalizzata ad un’azione, come abbiamo visto: non ci servono lettori passivi o disorientati, bensì solo ed esclusivamente lettori attivi che facciano click sull’offerta. Come prima regola, quindi, direi che è fondamentale non dare troppe scelte all’utente: deve esserci il testo dentro la pagina ma non dobbiamo inserire più di uno o due link/bottoni per landing page. Se ne mettiamo solo uno, infatti, è molto più probabile che l’utente sappia dove fare click senza perdere l’orientamente ed incrementare il tasso di abbandono della landing page. Per lo stesso motivo sono da evitare i form da compilare con troppi campi: difficilmente l’utente avrà voglia di compilarne più di un paio (nome e indirizzo email, ad esempio). Molte landing ottimizzate riescono a far iscrivere persone mediante solo indirizzo email, rinviando la compilazione dei dati ad un secondo momento che, per inciso, a volte è incluso in un processo di gamification del sito in cui ci si iscrive (della serie: se mi dai i tuoi dati, ti faccio “giocare” o ti do’ punti o coupon extra che diversamente non ti darei).

Call to action, colori e “vie di fuga”

In questo, poi, si possono fare varie considerazioni: la scelta dei colori degli elementi può assumere un’importanza fondamentale. Il rosso andrebbe evitato, ad esempio (sembra un errore o è comunque poco invitante per i più), in favore del verde e del blu che invece sono colori più “rassicuranti”. Altro aspetto fondamentale è legato alla call to action: la chiamata all’azione, cioè la sezione della landing page contenente il bottone “Iscriviti” o “Acquista“, a seconda dei casi. Il bottone o link dell’azione finale dovrebbe infatti essere molto evidente, ad esempio in un box di colore nettamente diverso rispetto allo sfondo classico, in modo che sia ben distinguibile e che si capisca che è un elemento con cui interagire (e anche che sia l’unico elemento con cui è possibile farlo). Alcune landing page più estremizzate, ad esempio, tendono a ridurre anche gli elementi di chiusura o di uscita della pagina, in modo che l’utente sia “costretto” a fare click come unica via di uscita dalla pagina stessa.

Al tempo stesso, una buona landing page dovrebbe essere responsive e ben visibile su qualsiasi dispositivo, facendo possibilmente in modo che la call to action non sia piazzata troppo in basso o sia difficile da trovare.

Requisiti tecnici da rispettare

In genere le buone landing page dovrebbero rispettare i seguenti requisiti tecnici:

  • essere molto leggere da caricare (dimensione media pagina web: circa 50 kB)
  • essere compatibili con la maggioranza dei dispositivi smartphone, tablet e PC –  quindi evitiamo di usare Java e Flash
  • la pagina deve restituire un codice 200 lato server e deve funzionare senza errori di markup HTML
  • Presenza di una richiesta di azione molto evidente e univoca (una sola azione, nessun link esterno nella pagina).

Tecniche di ottimizzazione delle landing page

Per ottimizzare le landing page bisogna partire da una landing di base, provare a mandarci traffico (ad esempio via advertising di Facebook o Google, o mediante SEO pura) e vedere cosa succede; il test A/B, ad esempio, alterna l’uso di due landing page alternative, e mediante confronto tra le prestazioni dell’una e dell’altra si cerca di capire quale funzioni meglio. Il test A/B confronta due landing page che differiscono per layout grafico, immagini o testi, ed in genere su campioni di traffico sostanziali si riesce a capire facilmente quale versione converta meglio. Il parametro da misurare in questo caso è il tasso di click o quello di conversione visto prima. Lo svantaggio di questa tecnica, purtroppo, è legato all’impossibilità di isolare o individuare i fattori che fanno la differenza, soprattutto se si variano molti elementi all’interno delle versioni alternative delle pagine. In questo il test multi-variato offre più vantaggi, perchè tende ad isolare le singole variazioni – e produce landing page multiple più ragionate, ad esempio in cui variamo solo il titolo, solo un’immagine e solo un form di iscrizione. Di fatto, questa è la tecnica più precisa ma è anche la più dispendiosa, visto che per 4 variazioni del titoli, 2 di immagine e 3 di form (ad esempio) avremo un totale di 4 x 2 x 3 = 24 landing page alternative da promuovere.

Conclusioni

Le considerazioni che potremmo fare sulle landing page ottimizzate sono tantissime, ed in molti casi dipendono dal contesto: impossibile dire di più, se non ragionando su casi studio effettivi. Di sicuro non serve essere degli scrittori provetti per scrivere buone landing page, per quanto esistano tecniche avanzate – come quelle proposte nei corsi di copywriting efficace, ad esempio – che permettono di trovare un metodo più o meno “scientifico” per scriverle in modo corretto e funzionale. Esistono strategie avanzate, inoltre, che permettono di testare l’efficacia di una pagina un certo formato, che sono ad esempio il test A/B o lo split test: si variano alcune cose nella pagina e, ad esempio mediante heatmap o mappe di calore, si fanno considerazioni specifiche in merito. Mediante poche landing page ben realizzate, in genere, è possibile raccogliere contatti utili e vendite mirate: lo strumento non andrebbe sottovalutato, anche se probabilmente bisognerebbe rinnovare il design di alcune di esse (che spesso ricalcano uno stile da marketer anni ’90 abbastanza bruttino, se visto oggi).