Link building: da 0 a 100 in pochi passi

Che cos’è la link building – Significato

Definizione. La link building è l’arte di reperire e aggiungere uno o più backlink ad un sito web. L’aumento di backlink, a seconda del tipo, della quantità e della qualità degli stessi, concorre a posizionare il sito web che li riceve in una migliore posizione sul web.

Detta a volte SEO offpage, è considerata un’attività fondamentale per una buona SEO su qualsiasi sito: essa, infatti, è utile per migliorare la visibilità del sito all’interno dei risultati di ricerca organici (SERP), e per conferire “credibilità” al sito che riceve i link nel tempo (brand awareness).

Questa è una guida completa per la link building: se vuoi sapere tutto quello che serve per capirla e poterla in autonomia, sei capitato realmente nel posto giusto.

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Perchè questa guida è diversa dalle altre

Sono Salvatore Capolupo, SEO di professione, ingegnere informatico attivo sul web da molti anni come libero professionista (la parola freelance la trovo riduttiva, ma credo che renda l’idea per un sacco di persone). Ho realizzato vari progetti editoriali sul web, che ho curato personalmente e per cui ho fatto link building singolarmente: un lavoro costante, totalmente customizzato e che ha portato molti risultati interessanti nel corso del tempo (puoi vederne qualcuno qui, ad esempio).

Questa è la mia guida per la link building: qui troverete spunti, chiarimenti, idee che ho sfruttato (e sfrutto anche oggi) per effettuare questo importante compito in totale autonomia.

Ho lavorato e posizionato centinaia di siti con esigenze diverse gli uni dagli altri, ed ho imparato una cosa fondamentale: ogni nicchia presenta le proprie tecniche di link building, alla fine.

Sul web troverete molte altre guide di questo tipo, in effetti, ma credo ci sia un problemino in molte di esse:

  1. tante guide sono poco aggiornate;
  2. il taglio che possiedono, il più delle volte, è più di marketing che di SEO;
  3. molte includono aspetti che non riguardano la link building (esempio: ci sono guide che confondono deliberatamente l’aspetto SEO onsite con quello SEO offsite, oppure considerano nel “calderone” l’uso dei social media: insomma, sono le solite guide acchiappa-click)
  4. tantissime guide sulla link building, infine, sono abbastanza fuori focus, e vengono usate più come mezzo di personal branding che come strumento pratico: dicono poco o nulla su come si fa link building, e fin troppo sull’ego di chi le pubblica.

Insomma, credo che (nel bene o nel male, s’intende) non riuscirete a trovare un’altra guida come questa. Ehi, ora dovreste essere contenti 🙂

Questa guida è un aggregato di esperienze reali delle consulenze che ho fatto, sia su siti web di clienti che ho avuto che sui miei attuali siti editoriali, in un periodo che va dal 2009 al 2020.

Il 90% di quanto leggerete rimarrà valido praticamente per sempre, ma non prendete mai nulla per oro colato: la SEO è anche personalità e creatività, non solo tecnica (che è pur essenziale).

E ora, buon lavoro e buona lettura!

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Link building: definizione

La link building è l’arte di procacciare e “costruire” (building) backlink in ingresso al vostro sito, sfruttando domini di vario genere (che siano ovviamente diversi da quello originale).

Il web è fatto da link, da sempre. I link sono estremamente importanti per rendere il web “navigabile” e per aumentare la visibilità e le potenzialità di un sito lato SEO. Tale strategia permette di aumentare le referenze, l’autorevolezza e la credibilità del proprio, sito sia agli occhi dei motori che a quelli degli utenti.

L’importanza del link viene spesso sminuita e svilita in nome del personal branding, e perchè alcuni hanno bisogno di raccontarvi che non serve a nulla. Come dico sempre, se qualcuno vi dice che la link building non serve a nulla ci sono tre possibili interpretazioni a riguardo:

  1. non è in grado di farla
  2. non ha interesse a venderla
  3. sta mentendo 😉

Se il web è fatto da link, la link building sarà sempre e comunque un’attività fondamentale per il successo di qualsiasi sito web che riceva visite via motori di ricerca. Certo, non tutti i siti sono “portati” per ricevere visite da Google: alcuni, ad esempio, lavorano meglio con le campagne Google Ads o Facebook Ads (e lì non è più discorso di SEO). Tutti i siti che ricevano un minimo di traffico dai motori o vogliano riceverlo, la link building aiuta ad indirizzare il traffico stesso e ad effettuare un tuning dei risultati.

Cos’è la link popularity

La link popularity è una metrica SEO abbastanza grossolana e “alla buona”, che deve essere intesa come:

  • numero di link esterni che puntano al sito web;
  • qualità dei link esterni (intesa come valore del sito, affidabilità, fama e collateralmente visitatori che arrivano su quei siti).

Alcune misure di link popularity considerano non solo il numero di link esterni da ogni singolo dominio ma anche, ad esempio, la “densità” dei link che arrivano da ogni dominio: per densità in questa sede si intende quanti link arrivano al nostro sito da quello specifico dominio, oppure quanti link arrivano al nostro sito a partire da ogni singola pagina.

Link building vs link earning: cosa cambia?

La link building è una vera e propria “filosofia” che presuppone determinate cose, spesso soggette ad interpretazioni personali più o meno arbitrarie. Ad esempio è possibile distinguere tra costruzione di link (link building, che presuppone che quei link io li stia in qualche modo “forzando” o procacciando) ed acquisizione di link (link earning, che invece fa riferimento al fatto che qualcuno ci linka senza che noi facciamo nulla).

Alcuni SEO rendono a snobbare la seconda definizione (earning), perché trovano improbabile essere linkati spontaneamente: a questo punto ho due obiezioni, a riguardo. La prima è che i link in ingresso sono anche un prodotto indiretto della qualità delle pagine web che pubblichiamo, quindi uno può fare link building anche pubblicando buoni contenuti sul web, piaccia o meno.

La seconda è che, alla prova dei fatti, la link earning è comunque parte della storia, che ci piaccia o no: non possiamo controllare l’ecosistema web ed evitare di prendere backlink, per cui dovremo stare attenti non sono a prenderne di qualità ma anche ad evitare e “filtrare” quelli di bassa qualità che potrebbero inondare il nostro sito web.

Link building: costi e rischi annessi

L’attività di link building è indispensabile per fare acquisire popolarità al sito agli occhi di Google, ma comporta (come qualsiasi attività d’impresa, alla fine) costi e rischi. Tutto questo anzitutto ha un costo (temporale, di risorse, monetario) ed include che ci stiamo assumendo un rischio d’impresa: se vogliamo fare link building è un lavoro, e dovremo pagare qualcuno per farlo oppure, alla peggio, impegnare del tempo per capire come si fa e realizzarlo. D’altro canto Google potrebbe vedere alcuni tipi di link building come un tentativo di manipolazione o forzatura dei risultati in SERP, con la possibilità che:

  • la link building sia un buco nell’acqua, ovvero che i ranking del sito non vengano intaccati da attività del genere;
  • la link building diventi un’attività addirittura peggiorativa dei ranking in SERP.

L’ossessione per la ricerca spasmodica di link, di fatto, unita ad un comune effetto sulla falsariga del Dunning-Krueger (della serie: non ho capito come funziona la questione, ma tendo comunque a procacciarmi link “alla cieca” e mi sento un fenomeno) può portarci fuori strada.

Ecco perchè quando si fa link building è fondamentale ragionare la strategia, in modo che possa portare frutti nel medio-lungo periodo, evitando di andare sullo spam e cercando sempre i migliori siti su cui farla.

Prima regola: distribuire bene i link destinazione

Passiamo ora agli aspetti pratici che sono legati, per l’appunto, alla strategia sottintesa.

Quando si fa link building una delle cose più importanti sono ovviamente i backlink: dobbiamo badare molto alla distribuzione dei link, e possiamo farci un’idea sfruttando strumenti come ad esempio Majestic SEO, oppure i tool di analisi dei backlink offerti da Google Search Console, SEOZoom o SEMRush.

La distribuzione dei backlink dovrebbe essere uniforme, nel senso che:

  1. bisogna evitare di linkare sempre la stessa pagina;
  2. bisogna evitare di usare sempre la stessa anchor text;
  3. bisogna evitare di acquisire troppi backlink nel breve periodo e nessuno nel medio lungo (o viceversa)

L’arte del guest post

Per aumentare i link in ingresso molti si sono inventati questa storia dei guest post, ovvero i post “ospitati” su blog altrui: improvvisamente molto blogger erano diventati grandi amici per questo motivo, e solo perchè ci davano il permesso di linkare il nostro sito in un articolo. Se il blogger A vuole fare link building, va dal blogger B e chiede un guest post, avendo così un appiglio per poter pubblicare un nuovo link al proprio sito web.

I guest post, come vedremo, possono essere gratis oppure a pagamento.

Seconda regola: analizzare bene le caratteristiche della pagina che ci linka

Un backlink è sempre caratterizzato da un’anchor text e da un attributo href o link destinazione, con l’aggiunta di un eventuale attributo rel;

Di solito il link builder bada molto all’anchor text, cercando di farla coincidere con la chiave di ricerca per cui ci stiamo posizionando (ed è una regola generale che non è per forza necessario rispettare, proprio in nome della varietà e dell’equa distribuzione dei link di cui sopra).

Del resto non è il solo fattore da prendere in considerazione, perchè – ad esempio – può avere importanza anche, ad esempio, il title della pagina linkante (il celebre e spesso frainteso “testo con link principale” della Search Console: ne ho parlato qui). Badare anche al title della pagina linkante potrebbe essere rilevante per portare traffico di riflesso da parte di visitatori che cercano cose affini / simili a quelle che trattiamo nel nostro sito web.

Quando ci si imbatte in campagne di link building un qualsiasi blog o il sito di un quotidiano può essere una concreta link opportunity, ma questo – in genere – vale soltanto in alcuni casi e a certe condizioni. Vale se l’argomento del sito è in qualche modo correlato con quello del sito destinazione, oppure se esiste una qualche logica editoriale nell’attribuire il link da un certo articolo. Se ha senso che i lettori dell’articolo possano trovare qualcosa di interessante all’interno di quel link; e questo, per inciso, a prescindere dalla valutazione di indici numerosi come il PA e il DA di Moz o analoghi indici numerici prettamente orientativi (ed utili soprattutto a determinare il costo del link stesso).

Resta vero, comunque, che moltissimi articoli pubblicati sul web fanno leva sulla curiosità del lettore, su teorie affascinanti quanto dichiaratamente false; non esagera Ryan Holiday quando (nel suo libro Credimi! Sono un bugiardo) afferma che, ad oggi, la realtà creduta dalla maggioranza si sta per sostituire alla realtà delle cose, il che è un’affermazione importante dal punto di vista sociologico ma mette anche in evidenza le opportunità offerte dal web. Se sei in grado di raccontare la storia della tua azienda in maniera non convenzionale, disseminando per la strada gli elementi giusti per farla condividere (e senza far notare la tua presenza), vivrà di una visibilità naturale, e non avrai problemi ad ottenere i link che cerchi. Lo stesso Holiday, in alcune campagne di guerilla marketing che ha realizzato, afferma di essersi imbrattato da solo alcuni manifesti pubblicitari da lui stesso realizzati, al fine di creare una notizia virale che poi è rimbalzata sui media – e si è autoalimentata per mesi. Un esempio estremo, sicuramente, ma che rende l’idea di come sia importante sfruttare i mezzi (in questo caso i blog) che la rete mette a disposizione.

Per questo, quindi, un blog SEO può essere uno strumento prezioso per dare visibilità ad un SEO o ad un’agenzia del settore, ad esempio, ma difficilmente servirà a qualcosa se piazziamo a mo’ di link casuale verso una tipografia o una casa editrice. Servirà quindi tutta la nostra creatività anche per inventarsi un contesto, cosa difficile e che richiede molto allenamento e che, alla prova dei fatti, fa la differenza tra un professionista ed un dilettante.

Il criterio per linkare è semplice, alla fine, e dipende molto da come si contestualizza: dovrei sempre farmi linkare da altri domini “simili” al mio. Se ho un sito che vende iPad usati, ad esempio, un conto è venire linkati da un articolo che parla dei 10 modi per ricondizionare un iPad (magari collocato in un sito verticale di tecnologia), un altro è limitarsi a mettere l’anchor text migliori ipad usati oppure ipad economici all’interno di un articolo che parla di tutt’altro, magari collocato su un blog incentrato su un servizio di carro-attrezzi. Al netto di questa questione del contesto – che spesso, alla prova dei fatti, diventa a volte una questione astratta o di lana caprina – il punto è che se faccio link building con un guest post, e quel guest post si posiziona bene su Google, il tutto possiede un minimo di logica interna, sarà utile anche al mio sito.

Non è detto che rispettando la contestualità si riesca a fare automaticamente buona link building, ma certo è un “faro” che illumina le notti più buie in qualsiasi attività del genere.

I guest post, per inciso, non sono l’unico modo per linkare un sito web, ovviamente, ma sono una delle tecniche più utilizzate in assoluto.

Terza regola: puntare i backlink di qualità

In molti casi, qualità è sinonimo di buon posizionamento: se ci linkano siti curati e ben messi, saliremo su Google anche noi (forse). In molti casi la qualità si trova nei siti curati, in quelli che non fanno postare chiunque e che hanno un preciso e ben focalizzato piano editoriale.

Farsi linkare da siti un minimo curati – cosa che quasi ogni link builder degno di questo nome vi proporrà – significherà anche accollarsi i costi di pubblicazione.

Link building editoriale

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Sotto la frase “link building editoriale” esistono vari significati, che sono stati spesso irrigiditi (per non dire manipolati, a volte) da articoli scritti al semplice scopo di vendere un servizio. Link building editoriale per me significa soprattutto che il processo di acquizione del link è utile per l’utente che legge, alla fine. Troppo spesso si ragiona in ottica estremamente “egoista”, pensando al proprio esclusivo beneficio e al fatto di non essere danneggiati dai competitor (ad esempio con la negative SEO). Ma bisogna trovare delle vie di mezzo: se pensiamo troppo a backlink mirati ai nostri benefici, diventerà sempre più chiaro che stiamo facendo uso di link potenzialmente penalizzanti. Se invece troviamo vie di mezzo e ci facciamo linkare anche per “necessità” del blogger che scrive l’articolo, offrendo effettivi spunti interessanti con il nostro link o dando una soluzione ad un problema pratico (un backlink da un forum di settore, ad esempio, che discute un certo tipo di prodotto e finisce per segnalare il nostro per motivi di marketing o di convenienza oggettiva, ad esempio), è chiaro che a quel punto il link assumerà valenza editoriale: sarà importante sia per noi che per i lettori, nessuno potrà mai dirci che l’abbiamo forzato o comprato, durerà nel tempo e via dicendo.

Ora, se è vero che la link building è l’acquisizione di backlink utili al proprio sito, i link “editoriali” sono la modalità più spontanea e naturale per acquisire link. Per certi versi, la link building editoriale permette di acquisire link da fonti autorevoli come giornali o enciclopedie, ed assomiglia “quasi” alla link earning (l’acquisizione di backlink di qualità da fonti esterne senza il nostro intervento) per molti aspetti.

La link building che amo praticare, e che secondo me produce i migliori risultati, è proprio quella editoriale: è link building perchè di fatto produce backlink eterogenei e non per forza focalizzati sull’aspetto “vendita”, ma anche su quello puramente informativo. Al tempo stesso, permette di moltiplicare le opportunità di essere linkati: se parliamo solo di backlink in cui si vende un servizio, le opportunità consistono nella solita marketta sponsorizzata, o poco più. Se invece parliamo di backlink editoriali, posso farmi linkare come fonte, posso farmi citare da altri siti, posso ricevere backlink su contenuti che ho fatto curare particolarmente nel tempo, e via dicendo.

Evitare i backlink sitewide da un singolo dominio

Non vi spaventate, perchè non è una supercazzola: il senso è che i link sitewide, quelli ad altissima densità (esempio: 10.000 link in uscita da un singolo dominio), in genere non vanno procacciati, e vanno massimamente evitati. Un esempio di backlink sitewide è, ad esempio, un aggregatore di news oppure un amico che ci linka mediante un widget o dal footer del proprio sito: in genere è preferibile che i link siano “mirati”, isolati, contestualizzati al massimo.

Se li piazzate sitewide è facile e sbrigativo, e vi darà la sensazione di essere stati “potenziati”, ma nella realtà sono i link meno naturali e a quanto pare non servono a molto.

Falsi miti sull’attributo nofollow / sponsored

Da tempo il rel=nofollow è oggetto di discordia tra i SEO, e ora si ci è messo anche il rel=sponsored e rel=ugc: c’è chi dice che non servano a nulla (specie i SEO old school), c’è chi gli da’ un valore anche minimo (io rientro in questa seconda scuola di pensiero, francamente).

Anche i rel=sponsored possano essere utili, e anzi per Google sembra che siano obbligatori qualora vi facciate linkare da un sito con la dicitura “articolo sponsorizzato” e simili.

I rel=nofollow equamente distribuiti, peraltro, sono un eccellente modo per rendere il profilo di backlink sicuro nel suo insieme, “calmierando” eventuali azioni che abbiate effettuato che siano un po’ più spinte; da quello che ho visto, questa strategia alla lunga paga e i nofollow vi faranno indirettamente da “scudo” dalle penalità, in generale.

Siti per link building

OK, tutto bello e tutto chiaro, ma alla fine da dove prendiamo i backlink? Alcuni esempi di siti che sono gratuitamente disponibili allo scopo sono i seguenti.

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Non sopravvalutate questo task, usate questi siti con cura e considerate che:

  1. se un sito è gratis, chiunque può postarci, quindi non è esattamente un fattore competitivo;
  2. se un sito è gratis, c’è una probabilità che sia spammato, per cui potrebbe non essere una buona idea farvi linkare anche voi;
  3. in genere i backlink migliori si possono ottenere rivolgendosi a servizi appositi di link building, che vi potrebbero fornire anche backlink fuori da questa lista per ovvie ragioni.

Come fare link building (senza fare stupidate)

Prima di procedere con l’aggiunta di uno o più backlink dovrete sapere che un’aggiunta sconsiderata o “a testa bassa” senza saperne nulla (vedi Dunning-Krueger di cui sopra) è sempre sconsigliata. Non è solo questione di costringere metà delle persone che conosciamo a manipolare link a vostro vantaggio: è indispensabile formarsi ed avere esperienza, capire il contesto e saperne di più su come funziona davvero il web, oggi.

La link building è forse una delle principali attività per condurre campagne SEO efficaci, e – nella peggiore delle ipotesi, se non produce risultati in termini di posizionamento – può sempre migliorare la brand awareness (se ben realizzata).

Da dove partire?

Ogni sito possiede le proprie strategie ottimali da sfruttuare, e non ci sono regole assolute da seguire. In genere, la cosa migliore è ragionare sulla domanda:

“per quale motivo un utente dovrebbe linkare una mia pagina, la mia home page o un mio articolo”?

Può sembrare un ragionamento astratto o senza riscontri pratici, ma in realtà non è così: più convincenti riusciremo ad essere nella risposta a questa domanda, più il nostro backlink sarà durevole nel tempo e, di conseguenza, più efficace potrebbe essere la nostra campagna SEO.

Come fare link earning

Un buon modo per pensare alla link earning, ad esempio, è quello di immaginarla come una diretta conseguenza della qualità: se pubblico contenuti di qualità sul mio sito, sarò linkato in modo naturale da qualcuno, prima o poi (sorta di link building indiretta).

I backlink non andrebbero mai inseriti “tanto per”: ci deve essere contesto, e più sarà chiaro e motivo (e meno “imbarazzante” sarà per voi), più potrebbe rivelarsi utile. Motivi validi per ricevere un backlink, che diventano quindi tecniche di link earning, potrebbero essere:

  • ho risposto efficacemente ad una domanda molto comune grazie ad una pagina web che ho fatto linkare;
  • ho scritto qualcosa che potrà essere utile agli utenti del mio settore;
  • ho proposto una pagina che aggrega dati in modo inedito e, ancora una volta, utile agli utenti;
  • ho agevolato gli utenti mediante un servizio che offro

Link building nella pratica

L’acquisizione di backlink può avvenire mediante form di contatto o email su:

  • siti simili al nostro;
  • blog o quotidiani online del settore;
  • forum di nicchia;
  • portali aggregatori di contenuti e comparatori di prezzo.

Tecniche di acquisizione di backlink più brutali possono essere:

  • link su web directory gratuite o a pagamento
  • link nei commenti di altri blog
  • inserimento di comunicati stampa
  • pubblicazione di guest post su siti satellite (cosiddette PBN che meritano, tuttavia, un trattamento a parte)

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Miti da sfatare link building

L’idea approssimativa che “più link si possiedono da fonti esterne meglio è” porta molti webmaster e SEO ad incrementare i backlink in modo indiscriminato, spesso limitandosi a considerare quelli provenienti da siti molto popolari (e anche a costo di forzature e, spesso, di pagare qualcosa il backlink per ottenere il risultato). Non è bene, anche se è difficile fare passare questa idea nel business moderno basato sulla frenesìa: troppi link in ingresso, in molti casi, saranno visti come un’anomalia penalizzante da Google.

La link building viene purtroppo intesa erroneamente in termini di PageRank acquisito, una metrica vecchia che oggi non ha praticamente più alcun significato. Un approccio miope alla link building, che si ossessiona delle cose sbagliate ed approccia al problema dal lato sbagliato della barricata, se vogliamo: sconsiglio sempre di farlo, perchè ritengo non porti a risultati duraturi o, nella migliore delle ipotesi, a risultati positivi in modo puramente accidentale.

Fare link building basandosi sul PageRank o su altri indici analoghi (ZA, DA, ecc.), senza considerare il contesto e la logica dietro ogni link (un link naturale deve essere contestualizzato e “credibile”, in un certo senso, cioè non deve “sembrare” messo lì solo per fare numero) è rischioso in termini di penalizzazioni e spam: il proprio “profilo di link” va curato sotto ogni aspetto, ed all’acquisizione di buoni backlink spesso si rende necessaria un’attività parallela di rimozione dei link di spam, automatizzati o fuori contesto rispetto al sito.

Modi validi per fare link building sono legati prettamente al contesto in cui si opera, e passano per segnalazioni dirette, richieste ai webmaster di siti simili, introduzioni del link al sito in discussioni su blog e forum, guest post, article marketing e contenuti postati su piattaforme user-generated content come Youtube. Nella pratica, la maggioranza dei link vengono (ribadisco ancora) acquisiti in maniera spontanea, cioè senza l’intervento del webmaster: è il caso in cui pubblichiamo un contenuto molto utile per gli utenti (una guida, tipicamente) ed alcuni blogger ritengono tanto valida la risorsa da linkarla dal proprio sito. Il processo avviene quindi per via naturale e – per quanto si possa incoraggiare mediante esperienza e tecniche borderline – non è quasi mai il caso di forzarlo.

La buona link building è indispensabile per misurare in modo approssimato la popolarità di un sito o di una pagina web, e quindi indirettamente il tasso di successo anche in termini di ROI e conversioni, di un qualsiasi sito web di natura commerciale: ma è proprio quest’ultimo aspetto, di fatto, a renderla controversa per molti aspetti.

Chiedere il backlink direttamente “alla fonte”

In genere ci interessa ricevere un link da un sito specifico? Basta chiedere! Si tratta di un metodo valido in generale: chiedo un link direttamente al webmaster di un sito che mi interessa. Ovviamente, pero’, il tutto si scontra con una dura realtà, perchè in molti casi i webmaster o responsabili dei contenuti di quel sito potrebbero essere irreperibili, non rispondere (magari perchè non interessati, o perchè sospettano che lo facciate a scopi SEO) o chiedervi dei soldi per farlo. La SEO è un mercato, per cui anche se non entusiasma a prima vista bisogna saper fare i conti con un budget adeguato per poterla fare, in molti casi.

Sfruttare le web-directory

Stiamo ancora a parlare di web directory nel 2020? Può sembrare strano ma per avviare la link building è sempre una strategia valida. Ad esempio linkare i nuovi siti mediante Freeonline.org è una buona strategia, in genere, anche perchè il sito è di qualità – e se non altro per iniziare si tratta di un buon link contestuale, anche perchè obbliga a generare una descrizione significativa di ogni sito. Su altre directory, ad oggi, che anche qui spesso si pagano, non penso convenga più investire, ad oggi.

Di sicuro non basta più segnalarsi su due tre directory, ed è spesso difficile e raro che i link vengano approvati immediatamente (ci possono volere anche mesi, a volte).

Sfruttare guest post e pubbli-redazionali

Un altro sistema molto diffuso è quello di trovare blog o siti di notizie disponibili a linkarci dentro un articolo: se l’articolo è utile all’utente, tanto meglio. In genere i siti migliori sono rilevanti per l’argomento trattato, quindi la contestualità assume un’importanza basilare e certo non servirà a molto farsi linkare da un articolo che parla dei migliori trattori sul mercato se poi non ne vendiamo. Al tempo stesso c’è anche una questione di immagine perchè comunque non tutti i link sono davvero qualificanti come dovrebbero, in base a vari criteri. I guest post normalmente si pagano, per cui è normale che possano risultare penalizzanti dal punto di vista di Google (anche qui: è un investimento con rischio, per cui valutatelo con attenzione).

I pubbli-redazionali possono funzionare per fare link building, ma in genere costano ancora di più dei guest post.

Trovare link 404 mancanti da far sostituire (broken link)

La ricerca di link 404 da domini autorevoli, da recuperare mediante acquisto del dominio o redirect ad un nuovo sito è un metodo SEO generalmente applicabile; è chiaro che possono cambiare le modalità specifiche di acquisizione dei link caso per caso, ma è anche ovvio che sia così. Del resto è facile cercare i link 404, cioè le pagine mancanti da altri siti web, e chiedere di farsi linkare proponendo un’alternativa valida dal nostro sito. Questa strategia, tuttavia, comporta che il webmaster in questione non stia curando particolarmente il sito in questione, che potrebbe in certi casi anche essere di scarsa qualità (leggasi: non vale la pena attuare questa strategia).

Strategie “a pattern” per fare link building con Google

Trovare backlink è uno dei principali obiettivi che, presto o tardi, si affaccia in qualsiasi attività di questo genere: come fare a trovarli? Di norma per tracciare e “trovare ispirazione” per i backlink si possono usare strumenti appositi di ricerca: Google, ad oggi, non consente di vedere questo livello di dettaglio in maniera universale, ed i dati delle Search Console sono riservati, giustamente, ad ogni proprietario del sito. Per poterne sapere qualcosa in più, specialmente sui nostri competitor, bisogna quindi cercare di inventarsi qualcosa!

L’unica alternativa, in effetti, per trovare backlink di altri siti (di cui non disponiamo del controllo via Search Console) è quella di aguzzare un po’ l’ingegno e sfruttare i seguenti search pattern, che possono essere molto utili per andare a caccia di link in ingresso spesso inaspettati e non raramente di qualità. Uno strumento molto utile per trovare potenziali backlink, senza tool esterni e sfruttando la “magia” degli operatori di ricerca.

Nota: quando riportiamo la stringa [tuachiave] faccio riferimento ad una delle chiavi di ricerca per cui vi interessa posizionarvi col vostro sito, o – per estensione – una qualsiasi ricerca interessante che sia emersa dal vostro SEO audit (le parentesi quadre non vanno utilizzate). Tenete conto, ad ogni modo, che nessuna di queste ricerche restituirà backlink in ingresso in automatico: i risultati vanno sempre scremati, filtrati ed analizzati in maniera critica, per cui molto del successo di questa tecnica dipende dalla sensibilità e dell’esperienza del SEO che le mette in pratica.

Passiamo subito a fare un po’ di esempi concreti, con varie strategie di ricerca sfruttabili per trovare nuovi backlink utili. Partiremo dall’analisi degli operatori di ricerca di Google, che possono aiutarci a tale scopo almeno in parte.

Come cercare all’interno di un sito

site:trovalost.it [tuachiave]

Cerca [tuachiave] esclusivamente all’interno del sito seo.salvatorecapolupo.it

Come cercare link da directory

aggiungi sito [tuachiave]

Permette di cercare direttamente directory web su cui listare o segnalare direttamente il nostro sito; disponibile in numerose varianti come ad esempio aggiungi sito [tuachiave], aggiungi url [tuachiave], guest post [tuachiave] (per trovare articoli che propongano la possibilità di scrivere noi stessi l’articolo) e così via.

Come cercare link da blog

segnala * articolo [tuachiave]

Trova siti web relativi a [tuachiave] che possano offrire la possibilità di segnalare URL di articoli a tema.

Come cercare link da blog WordPress

"powered by WordPress" [tuachiave]

Permette di cercare siti in WordPress che trattano l’argomento [tuachiave]; di fatto, si tratta di una tecnica per listare velocemente siti web (e blog, nello specifico) da cui farsi linkare via richiesta diretta, commenti, segnalazione di pagine 404 e così via. In questo caso è consigliabile selezionare la lingua italiana tra i risultati, per trovare riferimenti più pertinenti.

Come cercare backlink da siti poco noti

[tuachiave] -site:sitofamoso1.est -site:sitofamoso2.est ...

Questa è una strategia di base da usare in modo personalizzato, perchè permette di escludere i brand molto grossi dai risultati di ricerca (ad esempio sitofamoso1.est e sitofamoso2.est, ma la lista può essere anche molto lunga) in modo da visualizzare meglio eventuali opportunità di backlink filtrate, di fatto, da eventuali sovraottimizzazioni che spesso chi arriva primo sui motori tende ad effettuare. Ideale da escludere se il competitor appare più volte negli stessi risultati, ad esempio.

Come cercare risultati di ricerca correlati

~tuachiave 

Permette di cercare risultati di ricerca correlati alla ricerca [tuachiave]. Il simbolo della tilde si ottiene così, per la cronaca:

  • su Windows: combinazione di tasti ALT + 0126 sul tastierino numerico
  • su Linux: combinazione di tasti ALT + 0126 sul tastierino numerico
  • su Mac: combinazione di tasti ALT 5 e viene fuori la tilde: ~

Come cercare siti con estensione .it

site:*.it [tuachiave]

Cerca solo siti con estensione .it, è combinabile con i pattern precedenti, ad esempio site:*.it “powered by WordPress” [tuachiave].

Come cercare riferimenti al tuo sito (brandizzazione)

sito.com -site:sito.com

Ad oggi è uno dei miei pattern di ricerca preferiti, in quanto serve a tracciare risultati di ricerca che includano il nome del sito e che non siano inclusi nel sito stesso. In altri termini, in questo modo andrete a tracciare un discreto sottoinsieme di backlink esterni in ingresso a sito.com. Disponibile anche con le varianti “sito.com” -site:sito.com e naturalmente anche come sito.com [tuachiave] -site:sito.com.

Come cercare link da Wikipedia

Uno dei miei pattern di ricerca preferiti per fare link building è il seguente:

site:wikipedia.org [tuachiave] "non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti"

che significa: trova pagine wikipedia incentrate su [tuachiave] in cui non siano presenti link alle fonti. Se mancano le fonti, possiamo sempre aggiungerle noi e possono essere FAQ o guide del nostro sito, ad esempio.

Questo tipo di ricerca è particolarmente efficace per reperire rapidamente pagine Wikipedia senza fonti, per le quali potrete aggiungere il vostro sito (sfruttando la sintassi di Wikipedia e la relativa netiquette), ammesso ovviamente che sia lecito farlo e che ci siano le condizioni. Caso tipico: un sito incentrato su una nicchia X che viene linkato da Wikipedia come spiegazione approfondita del settore.

Un modo molto concreto e creativo per entrare nella logica della link building è proprio quello di provare a farsi linkare da Wikipedia, ad esempio: poichè i contenuti saranno moderati, infatti, è necessario saperci entrare senza dare “fastidio”, o senza indurre il sospetto che lo stiamo facendo per fare SEO “sporca”. Capirete quindi la natura “editoriale” dell’attività, nei termini in cui ci troviamo ad essere freelance al servizio del “capo-redattore” Google.

Come cercare link da blog (alternativa)

intitle:blog [tuachiave]

è un ennesimo pattern di ricerca per trovare blog, che fa il pari con intitle:forum [tuachiave] che permettono, invece, di cercare solo forum a tema. Anche qui potete trovare molte opportunità di backlink spesso inaspettate.

5 tipi di backlink nofollow che amerai lo stesso

I link builder sono ossessionati dalla presenza dell’attributo nofollow sul link che ottengono, ma questa secondo me è un’ipotesi non soltanto errata ma anche limitante e restrittiva: in molti casi, se ben fatto, anche un link con nofollow può essere molto utile alle proprie attività SEO. Il problema, come sempre, è riuscire a misurare il contributo, ma poichè è difficile farlo anche sui link senza nofollow (cosiddetti dofollow) tanto vale considerare “quasi” equivalenti le due cose e misurare direttamente le prestazioni del sito sui motori, nel tempo.

In questo articolo proverò ad esporre 5 esempi di backlink significativi con attributo nofollow che vorreste avere anche voi: sì, anche voi che fate gli espertoni in materia, e sottolineare che il dofollow è l’unica cosa che conta. Ma è davvero così?

Sono anni che mi chiedo il perchè di questa ossessione anti-nofollow, e col tempo credo di aver imparato a legarla esclusivamente al mercato dei link: in pratica, chi snobba i link nofollow lo fa per alimentare, o non sminuire, il valore della compravendita link. Pensarla in questo modo mostra una visione limitativa della SEO, soffocata da una imprecisata e deleteria ossessione per “il successo” che da consulente non potrò mai accettare. Google, per inciso, ha pubblicato un comunicato in cui scrive, tra l’altro, che i blogger dovrebbero usare il nofollow su tutti i link che non siano venuti fuori in modo organico (ad esempio, i link che non esisterebbero se non ci fosse stata qualcosa in cambio di quel link, come un prodotto o un servizio omaggio). Motivo per cui ho insistito più volte sull’idea che fare una buona link building coincida col trovare N buone ragioni per cui una pagina del nostro sito debba essere linkata dall’esterno (perchè è utile, perchè è divertente, perchè è tanto assurda da meritare l’esposizione ecc.)

In questa sede ho invece la presunzione, se posso dire così, di mostrare l’utilità anche di questo genere di link nofollow, ed il fatto che troppi ragionamenti di questo tipo finiscono per farci perdere di vista quello che conta davvero in ambito SEO.

Eccovi quindi 5 esempi “nobili” di link building in nofollow, che dovrebbero convincervi quantomeno a non fare discussioni o “pipponi” inutili.

  1. Guest blog non “malevolo” – Quando un blogger famoso ci offre lo spazio sul proprio sito, la tentazione di usare il dofollow è fortissima: ma non è affatto scontato, nè necessario, che si debba fare. Se il sito è famoso, infatti, riceverete comunque (anche in nofollow) molte visite da una fonte di traffico più o meno autorevole, a seconda di quello che trovate.
  2. Bookmark – I vari cloni di Reddit all’italiana propongono da sempre la possibilità di postare le proprie notizie e pagine web, col risultati di mostrarle in pochi secondi a centinaia di potenziali visitatori. Quei link sono utili per portare visitatori attivi sul sito, e questo non c’entra nulla con qualsiasi considerazione sul nofollow possiate fare.
  3. Wikipedia – Ci proviamo un po’ tutti a mettere il backlink al nostro sito da Wikipedia: la presenza di amministratori quasi sempre poco tolleranti verso la link building rende complicata l’introduzione di questi link. E si tratta di link nofollow; chi non li vorrebbe? Ricordo che si tratta di link tematici, molto visibili al pubblico e tutt’altro che banali da ottenere: i requisiti perchè siano considerati “buoni backlink” ci sono, mi pare. Il fatto che siano nofollow (lo fanno per evitare il fenomeno del fake PageRank) è forse la cosa meno interessante che li riguarda.
  4. Commenti sui blog – È senza dubbio l’ultima spiaggia (da cui l’immagine riportata ad inizio articolo, by the way) per promuovere un sito, e serve più che altro ad aumentare il traffico di visitatori incuriositi dal vostro profilo – per via di qualcosa che avete scritto, per esempio. Se vi pubblicassero un backlink al vostro sito dai commenti di un articolo di qualche giornalista famoso, siete sicuri che ne snobbereste l’opportunità, anche se nofollow?
  5. Piattaforme gratuite per scrivere articoli (alla Medium o Storify): queste piattaforme sono utilizzatissime dai SEO, addirittura per fare article spinning in alcuni casi. Forniscono un livello di link opportunity notevole, quasi sempre nofollow ma poco importa anche qui: è molto più importante la vostra capacità di sviluppare contenuti da angolazioni originali o degne di nota.

Link building diretta e indiretta

Quando si pensa alla link building è difficile dare un’idea di ciò che è necessario fare senza ricorrere ad esempi concreti: l’ho fatto in diverse occasioni su questo blog, ma non è tutto, ovviamente. Molto più interessante, forse, partire da idee generali dalle quali solitamente scaturisce la link building, che può essere forzata direttamente (ed è il metodo più immediato e semplice per farla, spesso l’unico) ma può essere anche indotta.

Cosa vuol dire? Per capirlo meglio, partiamo dalle tecniche di “forzatura” diretta che si possono usare per fare link building su un generico sito, tenendo conto che – in linea di massima – a determinare la migliore tecnica di link building è soprattutto il tipo di sito e gli argomenti che tratta. Sui siti commerciali solitamente è più difficile agire in questa direzione che sui blog “neutri”, così come è decisamente complesso (se non quasi impossibile, in termini di “pulizia”) mettere in pratica questa tecnica sui siti rivolti ad un pubblico adulto.

L’approccio diretto prevede, in linea di massima, tecniche basate sull’invio di contenuti (per esempio: scrivere articoli promozional-tematici, e li invio su vari blog nella speranza che interessino e sia approvati), oppure cerco di segnalare via email / forum / blog le risorse del mio sito ai webmaster potenzialmente interessati. Le tecniche dirette, sul mercato italiano, spesso tendono a risultare inefficaci sia perchè “tutti ci provano” un po’ a casaccio, sia perchè i soggetti con cui si lavora sono smaliziati, ma è ancora possibile, con un po’ di ricerche, trovare collaboratori preziosi anche in termini di coloro che sembrano essere nostri competitor. Estremizzando, offrire un pagamento per avere un link è una tecnica funzionale in tale dimensione a costo di accollarsi i rischi dell’effettuare una pratica del genere (penalizzazioni da parte di Google).

L’approccio indiretto consiste invece nel generare localmente articoli, approfondimenti o FAQ e favorire (ad esempio diffondendoli sui social) che siano facilmente linkati da altri utenti, tipicamente (ma non esclusivamente) come “esche” oppure risposte a domande molto comuni del settore. Si tratta di una tecnica a più largo spettro, quindi, che richiede più tempo, più risorse ed implica spesso maggiori difficoltà, mentre il numero di preciso di backlink che si otterranno non può essere determinato a priori. Tutto sta nel mettere online “cose” utili, in effetti, e questo è tipico dei contenuti come i tutorial ed i suggerimenti da parte degli esperti, per quanto spesso i buoni contenuti passino inosservati ai motori di ricerca, spesso più presi ad esaltare l’hype di un argomento frivolo più che a valorizzare ciò che davvero è di qualità.

A caccia di errori 404 per fare link building

Essere linkati dai partner è fondamentale per tentare di incrementare i link “mirati” (cosiddetta Targeted link building) o fortemente tematici di cui ogni sito, a suo modo, ha bisogno a scopi SEO. Per una consulenza da me fatta di recente, mi è capitato di dover correggere un “link di partnership” – per intenderci: un rivenditore che si affida al negoziante mio cliente, che linka dal suo sito ufficiale quello di quest’ultimo, che puntava ad un dominio scaduto e non più rinnovato. Un backlink perso, in pratica, un dead link che puntava “a vuoto”, e che invece sarebbe stato più utile rivolgere al sito per cui facevo consulenza.

sito distributore -------XXXX------> vecchio dominio cliente, non recuperabile
sito distributore -------link------> sito cliente attuale

Prassi vuole, in questi casi, che venga inoltrata dal SEO una richiesta di correzione del link all’azienda, magari mediante l’indirizzo email ufficiale del cliente, in modo da conferire maggiore “ufficialità” alla cosa, in modo da ricevere sperabilmente un feedback in merito.

Il problema che si può riscontrare in questi casi è che, in molti scenari, le aziende sono ancora poco pratiche se non avulse al mezzo internet, leggono poco le email, non dispongono di personale esperto o particolarmente avvezzo a farne uso, per cui c’è il rischio che la richiesta non sia evasa perchè, letteralmente, non compresa da chi ci legge.

L’arretratezza in ambito tecnologico è, da questo punto di vista, considerabile come un fattore SEO a tutti gli effetti, che rischia di rallentare l’intero processo di link building in maniera considerevole.

Potrebbe essere utile, in questi casi:

  1. provare a sentire telefonicamente l’azienda (ammesso che abbia supporto in una lingua che conosciamo);
  2. scrivere la richiesta in maniera sintetica e comprensibile, dando per scontato dall’inizio che chi ci leggerà non sa niente di SEO;
  3. allegare alla mail un documento sintetico che spieghi il motivo per cui si fa questa richiesta (a patto che sia a prova di “dummies“, ovviamente, e magari evidenziandone i vantaggi indiretti puntando su concetti quali “fare rete” e via dicendo);
  4. ripiegare su altre scelte ulteriori, come ad esempio una qualche forma di link building indiretta (che pero’ richiede ancora più tempo della precedente, purtroppo).

Come sgamare i link comprati

Questo paragrafo nasce da un recente evento sul web marketing a cui ho partecipato (raramente vado a questi eventi, e quello che vi racconto è uno dei motivi per cui non lo faccio quasi mai) e che ha toccato, peraltro solo per pochi minuti, l’aspetto legato alla SEO. Si parlava di tecniche di promozione online, ed il discorso impostato è andato a prendere la parola magica “link building” che ha rischiato di scatenare una discussione infinita.

Si è fatto riferimento, infatti, alle pratiche di link building, descritte in modo un po’ superficiale (non è questo il punto, comunque), e “demonizzate” dalla docente del corso per via delle possibili penalizzazioni a cui può portare. Verissimo, per carità, ma da qui è nata una discussione – sostanzialmente sterile – sull’opportunità della stessa, e sulla contrapposizione tra “malvagia” building e “benevola” link earning. Si dice spesso, in questi casi, che un conto è forzare (building) un link, ed un altro è invece produrre buoni contenuti e guadagnare (earning) link spontanei.

Sulla carta, insomma, guadagnarsi un link non dovrebbe affatto essere come comprarselo, giusto?

Se questa domanda è un po’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina, conduce ad una riflessione più ampia che credo meriti di essere condivisa.

Racconto un piccolo “esperimento” che ho fatto qualche tempo fa, ovviamente con le intenzioni di capire meglio di cosa parliamo quando (s)parliamo di certe cose, e vorrei riflettere proprio su questo. Ho avuto contatti con la copy/giornalista di una celebre testata di news online, peralto molto nota anche da noi, che scrive regolarmente per la stessa e che, in modo molto poco etico (per usare un eufemismo), mi ha chiesto 1500 dollari per un articolo che linkasse un sito web a mia scelta.

Può anche darsi che il prezzo fosse spropositato perchè mi stava prendendo in giro, o magari sottovalutava le mie conoscenze professionali (spendere una cifra del genere per un articolo-marketta mi pare follia pura, per inciso), ma si tratta comunque di un chiaro esempio di link comprato: un link non naturale, insomma, che farebbe (sono piuttosto sicuro di questo) gola a parecchi di noi e che Google spazzerebbe via senza pietà.

Il punto è che sfido chiunque, dall’esterno, a riconoscere quale link è comprato.

Si dice spesso che un buon criterio per distinguere link earning (guadagnarsi link pubblicando contenuti validi, unici e di qualità) da link building sia quello di valutare il contesto in cui il link compare: se un sito di pezzi di ricambio per la macchina o filosofia orientale linka il mio blog è sospetto, se invece lo fa un blog italiano sulla SEO qualsiasi è decisamente più normale. Nel caso in questione, sarebbe apparso un articolo sul mio blog di notizie a mo’ di notizia, e per quanto uno possa sollevare il sopracciglio in questi casi, il confine tra article marketing e news vera (sapete come si fa: orgoglio italiano, leader nel settore, startup, la piccola italiana che sfida Google ed amenità varie) è davvero sottile. Un backlink markettaro molto ben mascherato, insomma.

Sarebbe uscito su una testata giornalistica registrata in tribunale un articolo incentrato sul mio sito web, di natura prettamente commerciale, che avrebbe quasi certamente scatenato critiche da parte dei lettori ma, alla fine, avrebbe giovato comunque alla “visibilità”, anche solo per la quantità di traffico che avrei ricevuto dai click dei lettori sul link “incriminato”.

La discussione di cui sopra, quindi, era inutile proprio per questo motivo: a certi livelli, e quasi sempre pagando cifre grosse, non c’è modo di rilevare irregolarità di compra-vendita di link. Google è sempre più abile a rilevare casi del genere, naturalmente, ma non avrà mai modo, secondo me, di capire se certi link siano stati comprato: dovrebbe analizzare le società offline, spiarne le telefonate o le email, analizzarle dal punto di vista finanziario mentre certe operazioni – transazioni bancarie sospette, tanto per intenderci – non avrà mai (speriamo!) l’autorità per effettuarle.

La mia riflessione finisce qui, e sottolinea la mia critica ai SEO che passano troppo tempo a sfornare improbabili definizioni più che a darsi da fare nel proprio lavoro.

Resto abbastanza sicuro, purtroppo che più della metà dei miei clienti avrebbe fatto un pensierino alla proposta della copy di cui sopra, vedendola come l’opportunità del secolo (e ripeto, per me non lo è) e dandomi del pazzo perchè non l’ho fatto anch’io. Eppure 1500 dollari per una consulenza sono spesso considerati “tanta roba”…

Link building: come farla via email

Come ho scritto qualche tempo fa (Le richieste di link via email sono un modello di business che non funziona), le richieste dirette di backlink via email sono certamente un metodo per fare link building ancora valido, e che rimarrà tale per molto tempo ancora.

Certo è che in molti casi non può funzionare, almeno per come viene concepito, specie se si riduce a due casi:

  1. scambio di favori, magari un giorno linkerò te ecc.;
  2. link a pagamento, ti pago se metti questo link.

Entrambi portano a svantaggi nell’immediato: nel primo caso è un link che rischia di avere impatto nullo sulla SEO, nel secondo si va contro le regole di Google. In entrambe le circostanze, a mio umile parere, si ha l’impressione che il gioco non valga realmente la candela.

Esiste una casistica intermedia di richiesta di link building via email, pero’, che mi sembra decisamente più efficace, e che:

  • porta traffico mirato e tematizzato nel tempo;
  • porta link utili lato SEO (il che secondo alcuni sarebbe diretta conseguenza del precedente punto);
  • porta link che molti altri potrebbero avere;
  • porta link difficili o quasi impossibili da ottenere con strumenti automatici o tool SEO.

Funziona così: bisogna setacciare pazientemente Google e Bing, alla ricerca di siti autorevoli nel nostro settore che si occupino di stilare elenchi di risorse (i migliori siti per fare X, per capirci). Si crea poi una lista di URL e si visitano uno per volta, eventualmente scremando la lista in base alla qualità che riusciamo a percepire sul sito. Tra questi link, prima o poi – ad esempio tutorial, articoli e FAQ – potrebbe ragionevolmente trovare posto anche un nostro articolo pubblicato, guarda caso, sul sito che stiamo cercando di valorizzare o “spingere” lato SEO.

A questo punto, quindi, basterà contattare i webmaster in questione, e chiedere un link. Sappiate che:

  • in molti casi non riceverete risposta (7 volte su 10, nella mia esperienza);
  • almeno un webmaster vi chiederà soldi per questa cosa (ignoratelo);
  • due webmaster su dieci, alla fine, potrebbero essere disponibili a darvi un backlink in maniera relativamente disinteressata: il miglior backlink che potrebbe capitarvi, per quanto sia “stimolato” da una richiesta via email (ma vale anche via Facebook, Twitter o altri strumenti analoghi, ovviamente).

La percentuale di successo di questa tecnica non è altissima, e funziona maluccio soprattutto nei settori considerati borderline (adult, scommesse online, ecc.): quantomeno, pero’, predilige la qualità, è una tattica intelligente e secondo me relativamente immune alle penalizzazioni. Da valutare, ma la percentuale di successo è molto soggettiva, e dipende dalle nostre abilità comunicativo-strategiche di SEO.

Strategie di link building per cattive persone

Cosa fa la “brutta gente” (ovviamente è un eufemismo, non voglio offendere nessuno) per acquisire popolarità veloce e facile via link building? Provo a raccontarvelo brevemente qui.

Acquisto di link – Ci sono numerose strategie per comprare i link che possono esserci utili: ovviamente bisogna saper valutare se ne vale la pena (nel 90% dei casi non ne vale la pena), e se non costano tanto (la media va dai 15 ai 100 euro, una tantum o come quota mensile a seconda dei casi). Se lo fate, quantomeno non compratevi backlink da footer e widget di altri siti – cosiddetti backlink site-wide – perchè sono spesso i primi ad essere penalizzati manualmente, e possiedono una struttura HTML abbastanza semplice da rilevare per via algoritmica.

Article marketing – Per quanto esista un modo corretto di farla, il più delle volte questa tecnica si riduce a “scrivi un comunicato stampa e spammalo fino allo sfinimento” oppure, peggio ancora, “riscrivi lo stesso articolo cambiando solo qualche parola“. Lo spirito semplicistico e sbrigativo con cui i comunicati stampa e gli articoli promozionali vengono pubblicati e riproposti è disarmante in molti casi, e mostra azienda ancora piuttosto sprovvedute in merito: in moltissimi casi sono un modo fiacco di fare link building, ma se usati con più criterio (ed un pizzico di astuzia) sarebbero un’arma micidiale per fare la differenza.

Scambio di link indiretto – Si contattano webmaster di siti simili (spesso saranno nostri concorrenti diretti) e si chiede di ricevere un backlink da un suo sito in cambio di uno da parte nostra su un’altra coppia di siti. In questo modo il link one-way è assicurato e non c’è il rischio di essere penalizzati per scambio di link (Google penalizza l’eccessivo scambio di link, in realtà), per quanto permanga la possibilità di essere accusati di compra-vendita di link.

Infografiche – Per quanto siano magnificate dalla maggioranza dei SEO, mi spiace scriverlo: trovo da sempre che siano da evitare, che denotino scarso appeal SEO e vuoto spirito di emulazione dei marketer americani, rientrando così nella link building “grigia” in 9 casi su 10: non fosse altro che il loro contenuto informativo è spesso irrilevante o nullo (in Italia si riciclano le infografiche anglofone come regola), per cui mi pare evidente la loro natura maliziosa (rischio penalizzazioni). Senza contare che questa strategia presuppone lo share massivo dell’immagine, cosa che non è scontato far succedere (l’effetto virale non si preventiva, e senza quello il link rischia fortemente di essere del tutto irrilevante). Se paghiamo il nostro grafico per farne una ed ottenere poi uno o due backlink “sputati”, potrebbe essere “meglio” ricorrere alla vendita ordinaria.

Ulteriori strategie di link building

Vediamo quindi ulteriori strategie concretamente sfruttabili.

Sfruttare i domini scaduti – Si consultano i marketplace di domini scaduti (uno che ho realizzato quest’anno è trova-domini.it) e si prova ad acquistare il controllo di quelli che abbiano una buona valutazione o reputazione. Un semplice redirect 301, o una landing page con un link al nostro sito, ed il gioco è fatto. Chiaro che in questi casi devi avere un discreto budget a disposizione, e sapere con certezza quanto e se valga la pena spendere tanto visto che la strategia, di per sè, richiede anche dei validi contenuti (o “motivi”) perchè i visitatori vadano su quel sito.

Sfruttare l’article marketing – Tecnica ben nota, al limite del banale: ricorrere ai siti di comunicati stampa ed article marketing e scrivere (o far scrivere) un bel po’ di articoli tematici sul nostro sito. Con un po’ di furbizia, e ricorrendo il più delle volte a pubblicare dati clamorosi o provocatori, questa tattica può essere indotta mediante il meccanismo delle citazioni.

Pubblicare cose clamorose (anche se false) su un sito – Ho già scritto in varie occasioni che si tratta di una tecnica per fare content marketing che, volenti o nolenti, va per la maggiore: inventarsi notizie, scrivere cose clamorose e condirle di titoli acchiappa-click. Dobbiamo fare i conti con queste realtà, e spesso non è facile contrastarle con metodi “puliti”; di fatto, lasciando perdere qualsiasi considerazione etica inventarsi le notizie diventa una tecnica di link baiting. E anche un metodo fin troppo “creativo” – nel senso peggiore del termine – per farsi linkare da debunker sprovveduti e webmaster inesperti. Rientrano nel gruppo, spiace scriverlo, tantissimi blog di argomento SEO apparentemente autorevoli.

Ricorrere alle interviste – Farsi intervistare è, a parte rari casi, un metodo white-hat per aumentare le proprie referenze, ed allargare la lettura del proprio blog ai fan della celebrità che andiamo ad intervistare. In molti casi markettari si arriva ad intervistare perfetti sconosciuti pur di farne uso, per cui non facciamoci troppi scrupoli nel farla ed entrare in “competizione” con altri. L’importante è saper essere originali, e non è una dote che si impara a mio avviso.

Broken-link building – Si tratta di individuare le risorse mancanti o 404 all’interno di siti web famosi, ed inviare al webmaster una notifica relativa ad essi, aggiungendo in coda alla comunicazione dei siti sostitutivi per quell’ambito. Ad esempio, possiamo contattare un editor di DMOZ per invitarlo a rimuovere un link scaduto o non più valido, e con la scusa segnalare il nostro, che ovviamente ancora manca. La strategia non funziona in tutti i casi di mia conoscenza, comunque: dipende anche qui da quanto sia smaliziato chi vi legge, e dalla percezione del backlink che il webmaster possiede (che è scarsa o addirittura nulla in molti casi). Se il sito “vittima” ha un SEO in gamba al proprio servizio, diventa molto più difficile effettuare questa pratica. Per rilevare link 404 non esiste uno specifico metodo o pattern da usare su Google: bisogna saper cercare, eventualmente aiutandosi l’addon per Firefox Pinger.

Strategie di link building facili e veloci

Abbiamo visto in questo lungo post sulla link building (l’arte di ricevere link dall’esterno per incrementare la popolarità di un sito sui motori di ricerca) alcune tecniche molto comuni, tra cui riutilizzare i domini scaduti e sfruttare i link 404; è già molto, ma ci sono anche altre strategie.

Una di cui non ho ancora parlato riguarda lo sfruttamento delle partnership: di solito questa tattica viene usata, ad esempio, dai brand che utilizzano un programma di affiliazione. Se utilizzate un programma del genere (i sistemi di gestione clienti web come WHMCS sono abilitati per questo) avrete molti link in ingresso “spontanei”, ed è importante di solito che siano nofollow. È una “scusa” indiretta per farsi linkare, soprattutto dai blogger, mentre i link sono (mediamente e salvo l’odioso thin content) di qualità, nel senso stretto che convertono (fanno guadagnare sia il blogger che il brand) per quanto siano spesso nofollow. Ma poco interessa in questo frangente, perchè anche i nofollow hanno la loro maledetta importanza, e non mi stancherò mai di riperterlo (ecco cinque buone ragioni per non sottovalutarli).

Un modo analogo per ricevere un link, se ad esempio utilizzate per lavorare un prodotto di marca X, è quello di richiedere un link dalla pagina testimonial o partner di X: di solito, quando vengono concessi, sono link duraturi e da fonti senza dubbio autorevoli, per quanto (ad essere pignoli) rientrino nella pericolosa casistica dei link a pagamento. In effetti, voi pagate letteralmente per essere su quella pagina, e anche lì il nofollow è in agguato. WHMCS, tanto per restare sull’esempio di prima, concede questi link a tutti o quasi i suoi clienti grossi (esempio), e per agire su questa falsariga non avete che da chiedere all’azienda. Un altro esempio analogo, sempre a pagamento in effetti, è considerabile la lista di registrar italiani sul sito del NIC. Decidere se sia il caso o meno di usare questa strategie, di fatto, è da valutare sulla base dello scenario effettivo, oltre che della “mentalità” del consulente.

Passo al terzo ed ultimo metodo: utilizzare le community come forum e blog a tema può funzionare certamente nel medio-lungo periodo, per quanto interventi mirati su certi thread (col proprio sito in firma, per capirci) possano portare, con un po’ di fortuna (ed ammesso che sia consentito farlo), anche a conversioni/vendite dirette. Parliamo sempre di link utili all’utente, dove “utile” può significare tante cose, e per cui bisogna sempre fare una certa attenzione a quello che si fa. La tecnica in questione, per la cronaca, non ha nulla a che vedere con gli share social come Twitter e Facebook, ed è bene non mischiare le cose a mio parere per quanto, senza dubbio, questi strumenti aiutino ad attrarre visitatori nel brevissimo periodo.

Guida intelligente all’uso di Wikipedia per farsi linkare

Apparire citati o linkati nella celebre enciclopedia online può essere un’opportunità non da poco per fare personal branding e non solo: ma prima di farvi fuorviare definitivamente dal titolo, specifico che questa micro-guida non vuole essere “come spammare Wikipedia” o “come fare link building con Wikipedia“. Me ne guardo bene dal farlo, anche perchè ho moltissime riserve sull’argomento e, come ho scritto in passato, credo che molte cose nella politica dei contenuti di quel sito vadano urgentemente riviste.

Voglio dare un taglio pratico alla questione, comunque, e cercare di identificare anzitutto perchè dovreste apparire, con la vostra azienda, i vostri prodotti o servizi, all’interno della celebre enciclopedia. Il presupposto è che il contenuto abbia un taglio enciclopedico: i contenuti devono essere utili, realistici, pertinenti (ed ecco perchè è molto importante evitare il thin content). Le markette vengono periodicamente inserite e, più o meno prontamente, rimosse per cui è inutile provarci “alla buona”. Toglietevi dalla testa, insomma, di usare il wiki più famoso e (forse più) visitato al mondo come se fosse un sito di article marketing perchè non lo è, gli editor conoscono bene i SEO e probabilmente li “demonizzano” anche un po’.

Il concetto chiave dell’uso SEO di Wikipedia credo risieda nell’integrazione di contenuti: ammettiamo che la vostra azienda produca X, trovate riferimenti a X nel wiki ed inserite, a seconda dei casi, un link di approfondimento sul vostro sito (autorevolezza). Il link o la co-citazione devono essere contestuali, ben scritte in italiano ed utili ad estendere o integrare, appunto, il topic della pagina.

Il vero problema quindi, un po’ sulla falsariga degli inserimenti di siti su DMOZ, è trovare la sezione giusta in cui intervenire: un modo per farlo è trovare le pagine orfane di collegamenti. Personalmente, lo faccio cercando su Google:

site:it.wikipedia.org “non cita le fonti necessarie”

e poi vado a modificare i link integrando la pagina con qualcosa di interessante da aggiungere, correggere o scrivere.

Per mirare meglio quello che potrebbe interessarvi, utilizzate la variante con chiave:

site:it.wikipedia.org chiave “non cita le fonti necessarie”

per visualizzare le pagine relative all’argomento chiave che vi interessa (chiave chiaramente va sostituita con la ricerca che vi interessa). Queste pagine mancano delle fonti necessarie, se avete un sito “enciclopedico” o molto specializzato in un settore potrebbe essere utile linkare una vostra FAQ o un approfondimento o ricerca obiettiva.

La correttezza del procedimento dipende molto da come lo fate, non c’è un modo unico per farlo e, soprattutto, tenete conto che indispettire l’editor che revisionerà la modifica implica che, di fatto, la stessa potrebbe sparire in pochi minuti. Non è neanche il caso di esagerare con queste modifiche: dato che lo fanno un po’ tutti, io stesso uso questo procedimento una tantum, ed il fine deve essere quello di migliorare le voci carenti, non di farsi pubblicità.

Il link da Wikipedia è, per inciso, nofollow per definizione, ma su questa incomprensibile sottovalutazione ho già discusso nell’articolo linkato.

Come misurare l’efficacia della nostra link building

Il problema della misurazione della link building passa per due ordini di problemi: il principale è quello di quantificare i link, cioè capire chi ci abbia linkato effettivamente (e soprattutto chi e quanto a lungo mantengano nel tempo quel link). L’altro problema, non meno importante, passa per riuscire a stabilire quando influisca quel link nella qualità delle attività SEO che stiamo facendo.

Dobbiamo ricordare infatti che i link di qualità sono quelli che non sono vengono pubblicati da un sito, ma vengono anche mantenuti online nel tempo; cosa che ad esempio non succede per fonti di Wikipedia rimosse da un editor particolarmente zelante o pignolo, per directory che postano un nostro link ed un bel giorno quel dominio viene venduto e riutilizzato per altri scopi, per blog che pubblicano un nostro commento e poi decidono di rimuovere il link al sito senza preavviso. Sono casistiche complesse e che fanno storia a sè, e soprattutto fanno sì che la link building sia particolarmente complessa non sono da effettuare ma anche da misurare, a fronte di essere l’unica attività realmente efficace e valutabile in una qualsiasi attività SEO.

Per misurare i link al nostro sito ci sono quindi vari strumenti a nostra disposizione.

  1. per visualizzare i backlink acquisiti che Google ha rilevato, senza distinzione tra anchor text e attributi nofollow / dofollow, possiamo usare lo strumento gratuito (da proprietari del dominio che ci interessa) della Search Console; sicuramente il tool migliore in assoluto come affidabilità, per quanto non sia in tempo reale (se prendiamo un link oggi non viene mostrato immediatamente) e soprattutto tenda a dare una visione spesso parziale e priva di dettagli interessanti (ad esempio le anchor text e gli attribuiti sui link non vengono mostrati). In alternativa, ci sono vari tool a pagamento, disponibili parzialmente in prova free, che non fanno altro che sopperire alle mancanze della SC e mostrano più caratteristiche dei link e, soprattutto, calcolano degli indici orientativi della qualità raggiunta dai siti stessi;
  2. per misurare l’efficacia dei link possiamo guardare indirettamente il report della Search Console di Google, ancora una volta, relativo al traffico che arriva al nostro sito; raramente troveremo una correlazione chiara tra numero e tipo di link e quantità/qualità del traffico che ci arriverà, ma se non altro il numero di visite, il CTR sui risultati di ricerca, il numero di click e (ad esempio) la percentuale di rimbalzo misurata da Google Analytics saranno fondamentali come metriche di qualità per stabilire il successo e la migliorabilità della nostra campagna SEO / SEM. Ogni valutazione va sempre effettuata tenendo a mente gli obiettivi della campagna, che possono essere di pura viralità (generare commenti, visite o interesse nel sito) come mirati ad una serie di obiettivi più materiali (click sui banner, conversioni, iscrizioni ad un servizio, ecc.).

In conclusione: anchor text e backlink potrebbero non bastare

Chiunque sappia di SEO – anche per sentito dire – è piuttosto sicuro che i backlink in ingresso e le anchor text annesse ad un sito siano molto rilevanti per determinare il posizionamento su Google e Bing delle pagine di un sito. Tanto da far scattare un meccanismo di emulazione da parte di moltissimi, che ragionano nei termini “se un competitor grosso possiede X backlink di tipo A e Y di tipo B, se lo faccio anch’io … salirò anch’io nei ranking!“.

Strumenti gratuiti ed a pagamento, o un po’ di esperienza con gli operatori di ricerca, permettono di stimare – anche alla buona – quantità e qualità di backlink della concorrenza: resta pero’ il fatto che questa strategia, da sola, non basta e non può bastare. Di fatto, questo approccio è corretto nella misura in cui considera i contenuti dei siti: ovvero, quei siti famosi sono in prima pagina di Google solo per i backlink, o anche per il tipo di contenuti e servizi che offrono? Un sito di poker, tanto per citare un settore molto competitivo, sicuramente deve offrire servizi di qualità, che siano apprezzati dagli utenti e siano concreti: se non è così, la sua stabilità nei risultati di ricerca sarà inevitabilmente, prima o poi, poco duratura e labile.

Quindi, se vogliamo davvero, entrare in concorrenza nel settore dovremmo anche noi offrire un servizio delgenere: dare la possibilità agli utenti di giocare a poker, altrimenti solo coi backlink dove crediamo di andare? Molti affiliati, ad esempio, cadono spesso in questo tranello mentale di ragionare solo sui link in ingresso, senza badare che non ha senso, sotto nessun punto di vista, che un blog affiliato di bassa qualità vada a fare concorrenza ad un grosso competitor del settore. In molti casi, di fatto, i siti affiliati non riescono ad entrare nelle grosse competizioni di ranking proprio per un limite mentale, oltre che di budget, insito nelle politiche scelte.

Su Google, per la cronaca, in questo ambito si sfrutta spesso l’operatore inanchor: per chiavi di una parola e allinanchor: per chiavi di più parole, al fine di scovare tutti i siti che utilizzano l’anchor text indicata in un link: si tratta di un operatore non più ufficialmente documentato da Google, che viene descritto su siti non ufficiali e la cui precisione è quantomeno dubbia. Di fatto, la ricerca di un termine coincide spesso, in termini di risultati, con quella dell’operatore in questione.

11,018 parole per un tutorial che non finisco mai di lavorare, affinare, correggere e migliorare. Siamo arrivati alla fine: vi ringrazio per avermi letto fino alla fine, e se siete arrivati a leggere fin qui siete davvero degli eroi, secondo me. E adesso, in bocca al lupo per le vostre attività SEO!